Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge introduce modifiche al codice della navigazione con la previsione di nuove fattispecie penali sanzionate in modo severo e, nel contempo, attua il potenziamento del Corpo delle capitanerie di porto per sfruttare le competenze e l'alta specializzazione acquisite, in un contesto sociale in cui la funzione del controllo diviene fondamentale e rappresenta, più che mai, un requisito di garanzia in grado di eliminare qualsiasi elemento di vulnerabilità idoneo a ridurre le capacità di sicurezza. Tra l'altro, il presente progetto di legge darebbe attuazione anche alla direttiva 2005/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa al miglioramento della sicurezza dei porti.
      Evidentemente l'elemento causale dal quale scaturisce la necessità di efficienti e rimodulati assetti organizzativi di tutela è da rintracciare in una fonte unica che è rappresentata da un mare sempre più affollato, sia per l'intensificarsi dei traffici commerciali, particolarmente rilevanti nelle cosiddette «nuove rotte» alimentate dalle linee che collegano il Mediterraneo all'oriente tramite il canale di Suez per effetto dello sviluppo economico in particolare della Cina e dell'India, sia per l'attenzione che la politica dei trasporti riserva in particolare all'intermodalità marittima.
      Se l'effetto descritto è quello di uno sviluppo intenso e consistente del trasporto marittimo, la conseguenza ovvero la

 

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contromisura per privilegiare gli aspetti positivi del rilancio e soprattutto consentire uno sviluppo sostenibile non può che essere l'adozione di un sistema qualificato del controllo nelle sue diverse componenti, che lasci emergere, quale autentico valore aggiunto, interventi specialistici e nello stesso tempo efficaci.
      È indubbio che l'attuale assetto potrebbe trovare alcune componenti migliorative, sia di natura strutturale (uomini e mezzi) che strumentali (norme giuridiche più adeguate ai tempi).
      In primo luogo, si prende in esame la possibile introduzione di norme sostanziali che permettano di combattere espressioni più radicate e nello stesso più temute di crimini contro l'ambiente marino: il riferimento è rivolto all'affondamento di navi che trasportano rifiuti o sostanze pericolose o scaricano le stesse sostanze in corso di navigazione per sfuggire ad ogni tipo di controllo o di adempimento formale.
      Altri aspetti rilevanti dell'intervento riguardano talune ipotesi connesse al triste e complesso fenomeno dell'immigrazione illegale, laddove si teme che la tutela delle persone trasportate non sia confortata da adeguate norme che sanzionano in modo severo e commisurato coloro che, nel compimento dell'illecito descritto, ne mettono a repentaglio la vita ovvero le sottopongono a condizioni umilianti e di estremo disagio durante il trasporto.
      Ulteriori aspetti di novità, a supporto di un assetto strutturale più forte, riguardano la previsione di talune ipotesi di reato che mirano alla tutela in generale della sicurezza del trasporto marittimo, prevedendo la prescrizione di norme che individuano e sanzionano determinate condotte che mettono in pericolo l'assetto di sicurezza delle navi e delle persone, sia a bordo che nei terminal, e della merce.
      Tutti gli aspetti evidenziati tendono ad esprimere una componente specialistica della funzione di vigilanza nel suo significato più autentico di controllo diretto all'esatto adempimento di norme cogenti.
      L'esatto adempimento in un settore complesso e particolarmente specialistico non può che essere svolto da un organismo (il Corpo delle capitanerie di porto) altrettanto specializzato nella verifica, ottimo conoscitore dei sistemi preposti alla sicurezza e per questo in grado di apprezzarne la funzionalità e l'efficacia e, quindi, di prevedere le insidie e di annullarne o ridurne gli effetti deleteri.
      In particolare, l'articolo 1 della presente proposta di legge, come si desume dalla relativa rubrica, modifica il testo vigente del codice della navigazione attraverso la previsione di nuove fattispecie penali a tutela dell'incolumità delle persone trasportate. Si tratta, rispetto all'attuale insufficiente contesto normativo, di tutelare la vita e la salute degli immigrati clandestini trasportati dai mercanti di uomini in condizioni quasi sempre disumane, causa a loro volta degli interventi di sicurezza (SAR) operati dalle forze aero-navali di contrasto anche con grave rischio per il personale operante. L'assenza di specifiche norme a riguardo rende sostanzialmente esenti i trafficanti di esseri umani da ogni responsabilità che su essi deve gravare in ragione dei gravi rischi in cui la navigazione marittima clandestina si svolge.
      L'articolo 2 intende rendere effettiva e cogente la sicurezza delle infrastrutture portuali da rischi di disastri dolosi o colposi che possono mettere a repentaglio l'incolumità di persone e di beni. Ogni anno nelle zone portuali transitano milioni di passeggeri (passeggeri sbarcati 32.460.089; passeggeri imbarcati 33.382.239; passeggeri in transito 4.816.888; marittimi extracomunitari imbarcati 13.310; marittimi comunitari imbarcati, anche italiani, 87.916; marittimi comunitari sbarcati 84.070), migliaia di navi (navi da traffico arrivate 96.661; navi di linea arrivate 386.015; navi da pesca arrivate 26.687; navi addette a servizi speciali arrivate 5.649; navi da traffico partite 97.943; navi di linea partite 377.756; navi da pesca partite 24.373; navi addette a servizi speciali partite 5.597) e milioni di tonnellate di merci e di container, come indicato nel seguente grafico.
 

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MERCI MOVIMENTATE NEI PRINCIPALI PORTI ITALIANI
(1996-2003)

      In questo contesto la piena sicurezza delle infrastrutture, dei passeggeri e dei lavoratori, oltre che delle stesse navi, rappresenta un interesse strategico del Paese che deve essere salvaguardato da rischi connessi alla natura pericolosa delle operazioni o ad attività illecite omissive nei sistemi di controllo e di monitoraggio.
      Accanto a queste, altre ipotesi delittuose intendono reprimere (in linea con quanto previsto in tema di navigazione aerea dalla legge 23 dicembre 1974, n. 694) le condotte illecite, commesse a bordo di navi, che possono comunque pregiudicare la sicurezza della navigazione, l'incolumità dei passeggeri, dell'equipaggio e della stessa imbarcazione.
      L'articolo 3 persegue lo scopo di rendere coerenti i compiti e le funzioni delle capitanerie di porto in materia di polizia con le previsioni dell'articolo 14 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, ma soprattutto punta a rendere omogenea un'attività accertativa espletata dalla guardia costiera in un teatro operativo in cui viene assicurata costante presenza in funzione di controllo di tutte le attività che ivi si svolgono.
      L'azione continua, che mira all'accertamento completo sull'esatto adempimento delle norme di diritto sostanziale delle leggi marittime, non può che includere, senza alcuna condizione, la medesima attività anche per i reati comuni commessi in porto, sul litorale marittimo e nelle acque ove si esercita la giurisdizione nazionale.
      Risulta infatti assai arduo ipotizzare l'interruzione di un'azione di controllo solo per questioni di natura meramente formale se non addirittura di pura interpretazione; in buona sostanza, si ritiene opportuno formalizzare accanto ad una competenza ratione materiae una attribuzione, per così dire, ratione loci o per territorio, peraltro già esistente nell'ordinamento, quale ad esempio la caratteristica funzionale delle polizie locali.
      In più, è logico ipotizzare che un accertamento complesso relativo a più fattispecie assorbite da diverse discipline non

 

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può artificiosamente essere scomposto nella fase del controllo operativo per esaltare aspetti di natura interpretativa se non accademica a scapito dell'efficienza e dell'effettività della funzione che si esercita e della ragione di protezione della collettività che la rende necessaria.
      Lo stesso istituto giuridico della connessione di reati rende più armonica una diversa lettura, improntandola a una maggiore elasticità e coerenza applicativa.
      Del resto, ancorare la causa dalla quale discende la legittimazione all'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria alla presenza o meno di un presidio di pubblica sicurezza non rende più logica, ma soprattutto condivisibile sul piano giuridico, una posizione di semplice supplenza di un corpo da sempre operativamente impegnato in funzioni accertative di rilievo (complessa normativa internazionale in materia di inquinamento, sicurezza della navigazione eccetera).
      È difatti spontaneo pensare che la capacità professionale in tema di accertamento è spesso analoga a quella richiesta dal diritto marittimo (ad esempio furto di natanti e tante altre ipotesi), per cui non può dipendere o meno dalla presenza di altri organi dello Stato.
      Nel pieno rispetto della primazia funzionale della Polizia di Stato in detta materia, l'attività della guardia costiera per l'accertamento di reati comuni si configura quale azione di concorso e di collaborazione, che permette di ottimizzare le risorse complessive dello Stato in funzione di controllo soprattutto in un momento storico in cui la vigilanza della frontiera marittima appare di fondamentale rilevanza.
      Non mancano situazioni in cui il personale delle capitanerie di porto ha agito su delega dell'autorità giudiziaria anche per il compimento di atti complessi rientranti in genere nelle fattispecie di cui all'articolo 55 del codice di procedura penale, e altre ancora che rappresentano lo strumento legittimo di accertamento e di conservazione di elementi rilevanti per l'applicazione della legge penale per ipotesi di violazioni di norme di diritto penale sostanziale comune.
      I contenuti delle modifiche apportate assumono i contorni più autentici di un'interpretazione legata al momento storico attuale e che permette di leggere in maniera più funzionale le prescrizioni di una normativa ormai datata.
      Del resto, il recente «pacchetto sicurezza» consente di valorizzare in funzione di vigilanza e di controllo l'impiego di risorse anche private, e in tale contesto normativo sono state previste più incisive attribuzioni per il compimento di atti di polizia giudiziaria al personale delle Forze armate impegnato in funzioni di controllo, aspetto questo che contribuisce a valorizzare i termini salienti delle modifiche introdotte, tenuto conto che l'attività delle capitanerie di porto è in gran parte caratterizzata da funzioni di controllo nei porti e sulle navi oltre che sul litorale e nelle acque marittime ove si esercita la sovranità nazionale.
      L'articolo 4, al comma 1, modifica l'articolo 9 della legge n. 121 del 1981 e consente agli ufficiali e agli agenti del Corpo delle capitanerie di porto di accedere al sistema informativo del Ministero dell'interno per fornire e per acquisire informazioni concernenti la sicurezza portuale e dei trasporti marittimi. Superando la prassi (invero insufficiente e problematica) sin qui seguita di singoli protocolli d'intesa tra capitanerie di porto e Forze di polizia (vedasi quello di Bari).
      In tale caso, i dati informativi disponibili risultano arricchiti e integrati anche relativamente a settori rilevanti, consentendo l'ottimizzazione di ogni risorsa impiegata ai fini della sicurezza, sia essa riconducibile alle funzioni delle Forze di polizia che alle specifiche materie della sicurezza, del traffico marittimo e delle facilities portuali.
      Questo indirizzo di collaborazione è confermato dal documento programmatico in materia di controllo dell'immigrazione clandestina di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 2005, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 22 luglio 2005.
 

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      In realtà, l'azione di supporto operativo e di collaborazione in genere alle Forze di polizia è concretamente fornita dai vari comandi del Corpo delle capitanerie di porto; pertanto si tratta di conferire ad un'attività di fatto consolidata la naturale e formale legittimazione.
      La modifica all'articolo 18 della legge n. 121 del 1981, prevista dal medesimo articolo 4, comma 2, permette l'integrazione del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica con il Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto che, per questioni concernenti la sicurezza portuale e dei trasporti marittimi, può offrire un rilevante contributo di conoscenze sull'evoluzione delle situazioni degli ambiti marittimi e costieri nonché attraverso l'impiego del dispositivo aeronavale del Corpo a supporto dell'assetto preordinato, per le finalità individuate dal Ministro dell'interno e dalle altre autorità preposte. Tale modifica, inoltre, determina la logica eliminazione del preesistente richiamo all'ispettore generale del Corpo delle capitanerie di porto, in quanto il ruolo per quest'ultimo previsto è assorbito dalle nuove norme.
      La modifica all'articolo 20 della legge n. 121 del 1981, disposto sempre dall'articolo 4, comma 2, consente, analogamente a quanto già evidenziato, di offrire stabilmente al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica un contributo di rilievo per le questioni concernenti la sicurezza marittima e l'evoluzione dei fattori che condizionano quello scenario, di per sé divenuto particolarmente sensibile. La modifica all'articolo 20 comporta, ovviamente, l'eliminazione del preesistente richiamo al Corpo delle capitanerie di porto.
      Certi dell'attenzione che tali problematiche meritano, si auspica il generale fattivo contributo di tutti per addivenire alla rapida approvazione della presente proposta di legge.
 

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